Il lutto è un fatto privato, checchè se ne dica.
Si tratta di sentimenti, emozioni e ricordi che investono e occupano la mente, accavallandosi, proprio nel momento in cui si avverte che tutto è terminato irrimediabilmente.
Si tratta di amore.
Dell’amore di un genitore verso un figlio, di un figlio verso il suo genitore, di un coniuge verso l’altro, di un amico verso un altro, di una metà verso la sua altra, ormai scomparsa, di qualunque cosa fosse fatto il loro legame.
Si tratta di qualcosa di intimo, profondo, fatto di aneddoti, piccole inflessioni della voce, quel sopracciglio alzato, oppure di silenzi, carezze, sorrisi…
E’ il patrimonio che ognuno di noi, inconsapevolmente, colleziona, ripone nei cassetti della mente e poi ritrova quando ha bisogno di sentire ancora vicino chi non ha più.
Il lutto viene dall’amore, è l’espressione di un sentimento profondo, personale, intimo, unico.
Raccontare il proprio dolore, munirlo di dettagli, di luoghi, di odori e sensazioni, è come raccontare la propria storia d’amore, nei particolari più esclusivi.
Voi raccontereste i dettagli più intimi della vostra storia d’amore?
Io no. Non li racconto. Sono i miei. Anzi, sono i nostri.
Probabilmente conterebbero nulla per gli altri. Probabilmente a nessuno interesserebbero. Probabilmente l’esposizione al pubblico li renderebbe meno preziosi. Probabilmente le parole che troverei non riuscirebbero in nessun modo ad eguagliare la profondità dei miei sentimenti.
Eppure, soprattutto a noi che viviamo un lutto perinatale, è chiesto di raccontare il nostro dolore, insieme alla storia d’amore della nostra famiglia, coronata da quel figlio che non c’è più.
Dicono che condividere sia di respiro.
Per alcuni lo è certamente e fortunatamente esistono luoghi in cui la condivisione è rispettosa e accogliente.
Occorre coraggio nel farlo.
Vincere la paura di non essere accolti, ascoltati, compresi.
E se questo bagaglio così prezioso che è la mia vita, divisa con chi non può più dividere nulla, contasse nulla per tutti?
Per questo ogni condivisione deve essere accolta e considerata come un dono preziosissimo di chi ci sceglie e ci apre letteralmente il suo cuore.
Per altri condividere non è la strada.
Lo dicono i numeri.
Ancora la maggior parte di coloro che vivono un lutto perinatale non si espone.
Alcuni lo faranno per pudore, altri per vergogna, altri per timore di non essere accolti, altri per mancanza di parole, altri perchè per loro, il loro lutto, è un fatto privato.
Una famiglia in lutto dovrebbe sentire intorno a sé il calore della comunità, senza dovere spiegare la natura del suo dolore. Essa è insita nella parola lutto.
Se i più estroversi riescono in qualche modo a portare fuori ciò che sentono, dei più introversi non si sa nulla, si può solo immaginare che provino sentimenti simili a coloro che li raccontano, oppure no.
Loro restano un mistero, un grande mistero che non va svelato ad ogni costo, perché il lutto è un fatto che vivono con riservatezza.
Dovrebbe trovare rispetto, vicinanza, accoglienza e silenzio. Nel lutto parlano gli abbracci, le lacrime, i sorrisi… parlano i corpi che restano e muovono intorno a chi soffre prendendosi cura di lui.
Parlarne è difficile. Lo so perché lo faccio quotidianamente e non sono una persona estroversa.
Lo faccio perché so che serve.
Lo faccio solo perché so bene quanto sia necessario affinché sia possibile giungere finalmente ad una familiarità tale con questo evento, da trovare la comunità intorno, senza dovere esporre di sé parti tanto intime.
Perché il lutto è un fatto riservato, prezioso, intimo, viscerale da condividere solo se si ha voglia di farlo, non certo perché gli altri possano studiarlo e recepirlo come un eventualità socialmente rilevante.
Tuttavia oggi è questo che facciamo, noi che del nostro lutto parliamo senza veli: lo doniamo alla scienza e alla società, affinché ne faccia il patrimonio su cui costruire una cultura che ne tenga conto.
In fondo nutro la speranza che i più silenziosi, coloro che custodiscono il loro tesoro senza che nessuno di noi lo sappia, possano sentirsi accarezzati da una mano gentile e accolti da parole sincere:
Non siete soli.