Il tema della sepoltura dei feti sembra essere scomodo, una considerazione a cui giungo vista la difficoltà con cui viene trattato questo aspetto.
Probabilmente è una difficoltà figlia del tentativo di negare il più possibile l’esistenza della morte. Se alla morte non dobbiamo pensare, perchè è triste, irrimediabile, inutile, è ovvio evitare di pensare anche alle patiche legate ad essa.
Ad un certo punto però, può capitare di inciampare nella morte e tutto diventa più complicato, perchè non si ha alcuna dimestichezza con quelli che sono i riti legati al commiato.
In realtà la sepoltura dei nostri morti, insieme alla capacità di scrivere, sono due elementi che ci distinguono dagli animali.
Le prime tracce di sepoltura dei morti risalgono addirittura al Paleolitico: l’inizio dell’età della Pietra.
Alla base della ritualità c’è la capacità di elaborare forme di pensiero rivolte a interessi superiori, verso la spiritualità.
Perchè seppelliamo i nostri morti?
La morte porta dolore, angoscia, privazione, è un fatto che non colpisce solo il defunto, ma anche i superstiti che devono riorganizzarsi includendo nel loro quotidiano l’assenza della persona scomparsa.
I riti legati alla morte fungono da contenitore in cui convogliare l’angoscia e attraverso di essi questa sofferenza può essere superata.
Tra tutti gli esseri viventi, l’uomo [ è ] la sola specie per la quale la morte biologica, fatto di natura, si trova continuamente superata dalla morte come fatto di cultura.
L. V. Thomas, Antropologia della morte
I riti sanciscono il passaggio del defunto dallo stato di vita a quello di morte e accompagnano la comunità intorno al defunto, nel suo processo di riorganizzazione.
Insomma, noi esseri umani, da sempre, abbiamo bisogno di fare delle cose per potere digerire meglio il cambiamento che la morte produce su di noi.
Perfino il definitivo cambiamento fisico trova un rituale, infatti è previsto dal Regolamento di Polizia Mortuaria che, in caso di amputazione di un arto, si abbiano a disposizione 48 ore per valutare se provvedere personalmente alla sepoltura dell’arto e, in quel caso, nel momento del decesso della persona amputata, il deceduto sarà ricongiunto al suo arto.
Da ciò si evince quanto sia già riconosciuto il valore di seppellire un pezzo noi, una volta staccato da noi e deceduto.
Il valore simbolico del prendere l’arto e salutarlo, dirgli addio, riporlo, sapendo che alla fine dei nostri giorni ci riuniremo. Attraverso questo rituale suppongo che ci si possa traghettare verso un’immagine di noi privata dell’arto, eppure ugualmente completa. Come se solo un pezzo avesse infine fatto il suo corso, ma tutto il resto fosse ancora vitale e potesse trovare la sua strada per proseguire verso un’esistenza piena e soddisfacente.
Quando si tratta invece di considerare la sepoltura dei feti, si finisce in una zona grigia di non detti, di tempi strettissimi, di considerazioni date per scontate, opposte a quanto considerato fino ad ora.
Molto spesso nessuno ci informa della facoltà di seppellire i figli di epoca gestazionale inferiore alle 28 settimane (dalle 28 settimane infatti, è prassi la sepoltura). Come se lo status di figlio avvenisse solo superata una certa epoca e non prima.
Ci concedono solo 24 ore per decidere come desideriamo affrontare la questione, spesso senza offrirci alcun supporto capace di aiutarci a prendere la decisione giusta per noi. Anzi, spesso ci suggeriscono di non aggravare la sofferenza ed evitare di intraprendere il percorso di sepoltura.
Quando, come abbiamo visto, le ritualità legate alla morte non si sono attivate, evolute e non sono giunte fino a noi per aggravare la nostra sofferenza, ma sono il mezzo attraverso cui la sofferenza trova una via per fluire.
La mancata possibilità di sepoltura dei figli di epoca gestazionale inferiore alle 28 settimane ha generato altre e nuove ritualità, come il lancio dei palloncini o l’onda di luce, per esempio. Questo ci dimostra quanto sia importante poter fare delle cose e quanto sarebbe importante se fosse data alle famiglie l’opportunità di scegliere, consapevolmente, contando su tempi adeguati per raggiungere una decisione.
In effetti mi sono sempre domandata perchè solo 24 ore per compiere una scelta tanto importante e complicata?
A chi servono davvero 24 ore?
Dopo l’espulsione, il materiale abortivo o prodotto del concepimento, non viene trattenuto in laboratorio per le analisi? Analisi che, mi risulta, non si effettuino sempre con particolare celerità.
Allora perchè non lasciare un tempo maggiore ai genitori per decidere cosa fare?
Occorre tenere conto di diversi elementi: come questa sia una morte inaspettata, come sia una morte non considerata a tutti gli effetti una morte, come la negazione della morte sia una reazione possibile, parimenti come ritualizzare il commiato sia fondamentale per la nostra specie, al fine di accompagnare l’elaborazione del lutto.
Occorre tempo per entrare in contatto con l’ingente mole di emozioni che investono ad una notizia del genere.
Tempo che di fatto non mancherebbe, se solo ci fosse accordato.
In definitiva penso che ciò che conti non sia seppellire o meno il proprio figlio, ma avere a disposizione la libertà e il tempo di poterci riflettere, potere raggiungere una decisione serena e poterla attuare senza il giudizio altrui.
Curiosità:
Cueva de lo Castillos è una caverna della Spagna in cui sono state trovate le più antiche pitture rupestri d’Europa. Le mani raffigurate nella Cueva sono datate 40.800 a.C.
Secondo i ritrovamenti, l’uomo di Neanderthal è il primo a seppellire i suoi morti accompagnandoli con gesti rituali.
I corpi erano adagiati entro una fossa scavata appositamente, talvolta ricoperta da una lastra, deposti rannicchiati in posizione dormiente e accompagnati da strumenti in selce, molto probabilmente deposti accanto al morto con l’idea di essere usati in un’altra vita.