I figli che muoiono non si trasformano in dolore
La cultura determina come viviamo la morte.
Viviamo la morte come una sconfitta.
Diamo al lutto una certa forma (meglio nessuna).
Crediamo che il dolore si ‘porti’ e si ‘curi’, come si ‘portano’ la vergogna e il senso di colpa per non essere riusciti a salvare chi è morto, per essere sopravvissuti.
E per queste ultime sembra non ci sia cura che funzioni…
Nessuno lo dice, eppure la realtà assume la forma che noi decidiamo di darle.
Così la morte può non essere un tradimento o un’ingiustizia, bensì il decorso naturale di un’esistenza.
Perché in natura si muore… anche se noi aspiriamo all’immortalità.
Il dolore non è ciò che resta di un figlio, bensì un sintomo forte e chiaro di alcune cose.
I figli che muoiono non si trasformano in dolore. Loro restano figli. Assenti.
Il dolore dice quanto rimbombi quell’assenza.
Dice quanto siamo impreparati ad una realtà diversa da quella che avevamo progettato.
Dice che non abbiamo il controllo… non accadrà quel che vogliamo solo perché lo vogliamo.
Accadono cose… Inaspettate.
Possiamo ripartire da qui.