Il dolore del lutto PUÒ evolvere.
La morte di un figlio in epoca pre e perinatale è un grande dolore.
Un dolore che evolve e PUÒ – dico proprio PUÒ – diventare altro, persino non più dolore.
No, non ti dirò che resterai ammaccata/o per tutta la vita, perché non so come sarà il tuo domani.
No, non scuoterò la testa, affranta, perché so cosa stai passando e stop, la tua vita, d’ora in avanti oscillerà fra la tragedia e la mezza tragedia, perché direi una falsità.
So che può essere diverso da così, molto diverso.
Io lo so perché l’ho sperimentato, ma non solo. L’ho visto sul volto di molte persone, al di là di me.
Cosa avevano in comune tutte queste persone, me compresa?
Non si sono arrese al dolore.
Non hanno dato al lutto diritto di residenza ad oltranza, non hanno permesso alla morte di prendersi tutto, anche il futuro e, soprattutto, da un certo punto in poi, non le hanno ceduto il presente.
Tutte queste persone hanno cercato un senso e assegnato un significato a ciò che hanno vissuto, diverso dal dolore, dalla colpa, dall’ingiustizia, dalla sfortuna meritata o immeritata. Hanno cercato di far pace con il modo proprio che la natura ha di muoversi e col nostro essere soggetti stessi DI questa natura, oltre che soggetti A questa natura.
Si tratta di un percorso impegnativo, talvolta piuttosto lungo, molto personale ed estremamente peculiare.
Chiede di trovare il coraggio di esplorare parti inedite di sé, di non aspettarsi l’onnipotenza o l’onniscienza, di restare aperti alla creatività e alle novità.
Chiede il coraggio di scoprirsi diversi, anche lontani da chi si immaginava di essere.
Chiede fiducia nelle proprie capacità di fare i conti con il proprio essere umani e mortali, persino con la morte di un figlio.
No, il lutto perinatale non lascia un dolore persistente e infinito.
Non tutti raccontano questo.
A chi sta vivendo questo lutto andrebbe detto che PUÒ non essere per sempre.
Se vuole.