Io mi occupo di lutto perinatale. Di lutto, sostanzialmente. Il lutto è quel complesso, vario e intenso mix di emozioni che seguono la morte di qualcuno. Perinatale sta a significare che quel qualcuno è morto durante la gravidanza o subito dopo il parto.
Io mi occupo del dolore delle persone: lo ascolto, più che altro.
Ascoltare questo dolore mi offre lo spaccato di una realtà concreta, molto faticosa, talvolta addirittura irreparabile.
Fatica e irreparabilità sono gli elementi su cui mi concentro: cosa fare perché la fatica sia più lieve? Cosa fare perché i più abbiano l’occasione di ‘riparare’ la loro realtà disintegrata? Per ‘riparare’ intendo rimettere insieme i cocci: riuscire a proseguire includendo il vissuto di morte, ritrovando un nuovo benessere ed avanzando con speranza verso il futuro.
Sono proprio i racconti dei dolenti che mettono in luce possibili strategie affinché la fatica si riduca e si abbia la possibilità per ‘riparare’.
I dolenti raccontano che il silenzio sul loro lutto sia tremendo, che il mancato riconoscimento crei gravissime lesioni, che il mancato sostegno e accompagnamento nelle strutture sanitarie lascino segni indelebili, che il mancato accesso ai riti lasci spesso in sospeso tra una vita non proprio vita e una morte non proprio morte, che l’assenza di condivisione faccia sprofondare nella solitudine e in un dolore ancora più grande.
Io non sto a guardare di che religione siano i dolenti, non mi interessa a quale partito politico appartengano, non chiedo loro se siano o meno favorevoli alla 194.
A me interessa ascoltare il loro dolore, non farli sentire più tanto soli e fare quel che posso per diffondere una cultura che tenga conto delle loro esigenze.
In quest’ottica, è importante che ci siano zone del cimitero dedicate ai Bambini Mai nati?
Sì, è importante. Sarebbe anche importante che fossero definite in altro modo, altrimenti sembra una farsa: se questi bambini sono mai nati chi stiamo seppellendo? Aria? Quindi vorrei farvi ascoltare i racconti dei parti delle madri di questi bambini, che vi assicuro: sono nati. Nati morti, ma nati.
Quale valore ha uno spazio cimiteriale dedicato ai Bambini Mai nati?
Intanto riconosce il valore di figlio, al figlio. Poi legittima il dolore dei genitori per la loro perdita, infine consente ai genitori che si pentono di non essersi occupati della sua sepoltura, di ritrovarlo.
Accade abbastanza frequentemente che i genitori scelgano di non occuparsi della sepoltura e le ragioni sono diverse: nessuno li informa, non sanno come si fa e nessuno glielo sa dire, credono che questa scelta aggravi ancora di più la loro sensazione di dolore, non si sentono legittimati a farlo, sembra loro un gesto sproporzionato rispetto all’evento. Seppellire un ‘aborto’ o un Mai nato, che senso ha? Non è certo un figlio… Seppellire un figlio che si è ‘rifiutato’, perché mai? Se lo si è rifiutato ha più senso fare come se fosse un ‘problema’ ormai risolto.
Poi il tempo passa e alcune persone (non tutte) scoprono che invece, se si fossero occupate di dare sepoltura al loro ‘aborto’, avrebbero forse potuto chiudere un cerchio che ora sembra non chiudersi mai.
Sì perché la sepoltura è un rito. E i riti servono a dare una gestualità e un tempo ai passaggi fondamentali della nostra vita. La morte di un figlio, l’interruzione della gravidanza, è un passaggio della vita che può risultare fondamentale. Di fatto per molti lo è (non per tutti). Per alcuni lo rimane proprio perché si è negato che lo fosse e non lo si è affrontato veramente.
Cosa c’entra la religione in tutto questo? Niente.
O meglio, per alcuni avrà valenza anche religiosa, per altri no.
Il problema grosso che abbiamo in questo paese è che chi si occupa dei cimiteri, dei riti e del dolore rispetto al lutto perinatale, sono soprattutto i gruppi legati alla religione cattolica, anche detti prolife.
Ma non facciamoci fregare: seppellivamo i nostri morti da molto prima che Gesù Cristo nascesse.
Allora, rispetto alla sepoltura dei Bambini Morti in grembo (questa sarebbe la definizione corretta) dovremmo poter affermare che, a prescindere dalla fede religiosa e dal significato intimo che ogni persona darà al rito, sia importante non farne una questione di lotta fra prolife e abortisti, bensì una questione umana.
Come la mettiamo con gli abortisti che invece si scagliano contro queste iniziative perché le avvertono (a ragione) volte a colpevolizzare chi sceglie di interrompere la gravidanza senza riconoscere identità umana all’embrione o al feto?
Occorre trovare una mediazione che tenga conto delle esigenze di tutti e forse la mediazione potrebbe essere quella di far scegliere ai diretti interessati: come vuoi disporre dei resti post espulsione? Desideri occuparti della sepoltura (allora lo chiamiamo Bambino e avrà il suo posto al cimitero), desideri che se ne occupi in Comune (allora lo chiamiamo Bambino e sarà sepolto in fossa comune in un campo dedicato), oppure preferisci che sia smaltito come rifiuto ospedaliero?
Tu, tu che sei l’unico a poter davvero decidere: cosa preferisci che sia fatto?
È necessario sospendere il giudizio e ascoltare le istanze di tutti, cercando di soddisfare i bisogni di tutti, bisogni che inascoltati si trasformano in dolore, rabbia, colpa, vergogna, solitudine, malessere. Diventano un problema sociale. Sono una questione umana!
È ora di smettere con la lotta fra fazioni, entrambe irrispettose dei bisogni altrui. È ora!
La ragione per cui in questo paese sul lutto perinatale siamo ancora tanto indietro, è proprio questa lotta. Le ideologie diventano voti, i voti partiti, i partiti soldi. E per i soldi il dolore altrui si calpesta o si cavalca senza ritegno.